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di 'Per quel che mi riguarda'

martedì 22 dicembre 2009

SE BABBO NATALE ARRIVA DIETRO LE SBARRE di Silvia D’Onghia

Cento bambini vivono con le madri in carcere. E a 3 anni finiscono in case famiglia.
Babbo Natale porterà forse qualche regalo ai più fortunati, quelli che trascorreranno le feste dietro le sbarre, agli altri potrebbe invece servire una nuova ingiustizia: l’allontanamento dalla propria madre, unico punto di riferimento nei primi tre anni di vita. Parliamo dei bambini, oltre cento, che vivono nelle carceri assieme alle loro mamme. La legge italiana (battezzata “Finocchiaro”, dal nome della senatrice democratica che la fece approvare nel 2001) prevede che i figli delle detenute rimangano negli istituti di pena fino al compimento del terzo anno di vita, soglia oltre la quale vengono allontanati e dati in affidamento a famiglie o a case famiglia. In questo modo i figli delle detenute condannate a molti anni di carcere, quando non all’ergastolo, rischiano di ritrovare troppo tardi o, peggio, mai più, le braccia materne.
Ci sono poi circa 40 mila minori, tra i tre e i dieci anni, che hanno un genitore in carcere, con il quale dunque non possono vivere. L’attuale legislazione prevede che soltanto se la madre ha determinati requisiti (deve aver già scontato un terzo della pena, non deve essere soggetta a recidiva, può fornire un domicilio) la condanna può essere scontata agli arresti domiciliari assieme al proprio figlio. “Sono situazioni che si contano sulle dita di una mano – spiega Federica Giannotta, responsabile Advocacy di Terre des Hommes – nella maggior parte dei casi le maglie di quei requisiti sono troppo strette. O perché c’è un alto rischio di recidiva (si pensi ai reati per droga o ai piccoli furti), o perché spesso non c’è un domicilio di riferimento (nei casi di donne straniere o che hanno situazioni familiari gravi)”.
Ma la soluzione non sarebbe difficile da trovare: “Dal 2008 staziona in commissione Giustizia alla Camera una proposta di legge, la n. 1814, che prevede l’eliminazione dell’obbligo di domicilio e del rischio di recidiva, e l’istituzione di case famiglia protette in cui accogliere mamme e bambini. Stando agli attuali numeri, ne basterebbero poche”.
Terre des Hommes Italia ha scritto alla presidente della Commissione, Giulia Bongiorno, e alla presidente della Bicamerale per l’Infanzia, Alessandra Mussolini, senza ottenere risposta. Si è invece interessato alla questione il presidente della Camera Gianfranco Fini, che si è impegnato personalmente a sbloccare la situazione.

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