
Benestanti, certo. Ma anche alla ricerca di discrezione, qualità e rapidità. Sono centinaia i pazienti stranieri che ogni settimana arrivano in Ticino e in Svizzera. Secondo l’Ufficio federale di statistica ogni anno nella Confederazione vengono curati circa 35 mila malati provenienti dall’estero, che pagano in media 28 mila franchi per un giro d’affari attorno al miliardo (il 6% del fatturato ospedaliero).
Una serie di fattori concomitanti, a iniziare dai vuoti legislativi in diversi Paesi europei, hanno trasformato il Ticino e la Svizzera in una destinazione privilegiata per quello che con una brutta definizione è stato chiamato “turismo sanitario”. Anche se la presidente dell’Associazione cliniche private ticinesi Mimi Lepori Bonetti sottolinea un trend che dura ormai da parecchio tempo: “È da almeno dieci anni che la percentuale di prestazioni a stranieri oscilla tra il 4 e il 6 per cento del totale. Questo per quanto riguarda il privato. Nel pubblico, anche se non ho i dati precisi, penso la situazione non sia molto diversa”. Già, secondo le statistiche dell’Ente ospedaliero cantonale nel 2008 su un totale di 37 mila e 800 pazienti degenti, 1.700 - pari al 4.5 per cento - erano stranieri. In ambulatori sono stati invece 12 mila - il 4,5 per cento - a fronte di 250 mila complessivi.
L’ex ministro Pascal Chouchepin, anni fa, fece molto discutere con la proposta di aprire gli ospedali svizzeri al “turismo sanitario” per bloccare sul nascere la concorrenza delle nuove cliniche di lusso a cinque stelle realizzate in Brasile, a Dubai e Singapore, specializzate in diverse terapie. Un’offerta sempre più aggressiva che ha finito col rendere meno attrattiva la Svizzera. “Chi arriva qui deve pagare e questo oggettivamente è un freno per tanti pazienti stranieri, soprattutto italiani”, afferma il direttore del Dipartimento della sanità Patrizia Pesenti: “Detto questo bisogna aggiungere che da noi resistono bene punte d’eccellenza, penso ad esempio all’oncologia, al cardiocentro o alla riabilitazione. Poi il nostro sistema praticamente non conosce liste d’attesa e offre qualità e discrezione, fattori che evidentemente vengono apprezzati”. In Ticino e in Svizzera in questi anni è stato raggiunto un ottimo livello sul fronte della qualità per quanto riguarda l’organizzazione delle strutture e la preparazione del personale, spiega il chirurgo Sebastiano Martinoli: “Inoltre, paradossalmente, il fatto di non avere medici svizzeri a sufficienza, in particolare in alcuni reparti specialistici, fa arrivare in Ticino professionisti stranieri e ognuno di loro si porta dietro il proprio bagaglio, la tradizione delle diverse scuole mediche. Per questo il lavoro in team diventa un arricchimento”. E ancora: “Molti giovani vengono qui - aggiunge Martinoli - anche per una questione di prestigio. Lavorare in Svizzera è rimasto un segno distintivo”. Per Patrizia Pesenti, infine, “funzionano molto bene le collaborazioni con altri centri europei d’eccellenza, come accade nel campo dell’oncologia”. Sul problema dei costi della sanità che rallentano il flusso degli stranieri torna Gianfranco Domenighetti, docente di economia sanitaria all’Usi: “Negli anni sono giunti soprattutto italiani, anche per la lingua comune. Ma le nostre prestazioni costano, mentre in Italia c’è un sistema sanitario che per loro costa poco o niente, perché gran parte delle spese se le accolla lo Stato. Un settore tuttavia dove sono arrivati diversi pazienti dall’estero è nella psichiatria. Con cliniche come la Viametto a Pregassona. Le famiglie qui vogliono assistenza e discrezione”.
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