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di 'Per quel che mi riguarda'

giovedì 3 dicembre 2009

BRAVA GENTE di Tommaso Di Francesco

Ed è subito guerra. L’Italia non ha aspettato un giorno dal discorso di svolta di Obama sull’Afghanistan, per prepararsi all’incrudimento del conflitto. E che di guerra aperta si tratta lo prova l’ambiguo termine dei diciotto mesi posto dal presidente Usa all’escalation. Un deja vu che fa pensare, insieme, ad un inizio sanguinoso del 2010, ma anche ai rinvii che i generali sul campo sciaguratamente chiederanno - questo sì è già successo in Vietnam.
Come chiamereste infatti se non una vergogna, la decisione del governo di aggiungere ad un decreto per rifinanziare le missioni italiane all’estero - in primis Afghanistan, Libano, Kosovo - un emendamento, poi inserito nel provvedimento legge, che garantisce l’impunità ai soldati italiani in zona di guerra? Sia per «omicidio colposo» che per «reati contro l’ambiente»? Vale a dire i crimini commessi dai militari, rubricati sempre come «effetti collaterali». È stata un’infamia bipartisan.
Visto che prima è stata votata a maggioranza in commissione difesa dove il Pd ha dato parere negativo, poi alla chetichella e nel silenzio assoluto il Pd ha invece approvato con il Pdl tutto il pacchetto nell’aula del Senato, dove il provvedimento è passato con 245 voti a favore, uno contrario (della Svp) e 12 astenuti dell’Idv.
Qualcuno si ricorda le cluster bomb, l’uranio impoverito, i posti di blocco killer e le Toyota Corolla, i civili target come nella battaglia dei ponti di Nassiriya, l’uccisione a maggio scorso di una ragazzina tredicenne centrata a Herat dai nostri soldati, la partecipazione di nostri ufficiali nel comando di Tampa che indirizza i raid aerei? Bene. Adesso l’impunità è assicurata per legge. Siamo nel pieno di quella strategia «eroica» che da terra ma più spesso dall’alto dei cieli, con i Cruise e le bombe a grappolo ha fatto scempio della vita umana. Summa concreta e gloria dell’Occidente che prima e dopo l’11 settembre vive sull’attribuzione di diverso valore alla vita dei «nostri» e a quella degli «altri», in questo caso gli orientali. Che scientificamente ragiona sulla necessità di ridurre al minimo le perdite statunitensi e della Nato a discapito della popolazione civile afghana (come spiega l’esclusivo e straordinario rapporto «Uccidere i civili per salvare le nostre truppe» di Mark W. Herold dell’Università del NewHampshire che da oggi troverete sul nostro sito www.ilmanifesto. it). Ora finalmente l’Italia è all’altezza dei compiti che derivano dal discorso di Obama. L’unico che, necessitato dalla guerra persa e dall’unico pericolo che la Nato sia sconfitta, chiama Berlusconi e ne risolleva le sorti - altro che Lukashenko.
Cos’è infatti che mancava dal discorso di Obama da West Point? Non il senso del precipizio, vista la proposta di allargare consapevolmente l’intervento in Pakistan con l’obiettivo di colpire Al Qaeda, e non più solo i talebani afghani - che quelli "buoni" e interessati possono cambiare bandiera con un ingaggio in denaro. Né la capacità di insistere per coinvolgere gli alleati a continuare la guerra, eppure la Nato fa sapere che arriveranno «solo» 5mila soldati.
Né la consapevolezza di provocare sgomento, infatti ha devastato la mente e i cuori di una generazione che lo ha sostenuto fino alla vittoria alla Casa bianca e che da lui s’aspettava che ponesse fine alle guerre di Bush. E nemmeno la sua intelligenza sull’impopolarità della guerra afghana dopo quella irachena, sui sacrifici per il popolo americano e soprattutto sui costi, senza però sapere bene dove prendere i 30 miliardi di dollari annui necessari alla nuova impresa bellica, vista la crisi tutt’altro che risolta.
Quel che è mancato davvero e, nel vuoto, è diventato assordante è stata la comprensione delle vittime civili afghane, quel popolo per cui si esporta la democrazia armata. Solo silenzio su decine e decine di migliaia di morti, provocati dalla prima fase di bombardamenti, quelle di vendetta per l’11 dicembre già nell’ottobre-novembre 2001, e poi dalla nuova guerra della Nato a partire dal 2003, come pure ha spiegato. Stragi che hanno aumentato la popolarità dei talebani, considerati ormai «liberatori dagli occupanti», e riddotto il peso e l’influenza del corrotto Karzai per il quale si è allestito il vergognoso teatrino di elezioni all’imbroglio. Stragi che, denunciava ieri il New York Times sono destinate a crescere perché ci sarà una escalation di raid aerei anche sul Pakistan della frontiera e delle zone tribali, lì dove l’offensiva talebana si è allargata ed è tornata ad essere di casa. Ecco, questo diverso valore della vita umana come rappresentazione dell’Occidente davanti al mondo è la vera cecità di Obama.
Un presidente contro se stesso, contro lui medesimo che solo un mese fa dichiarava: «L’America è stanca di guerra» e che non si accontentava delle richieste dei generali Usa perché, diceva, «non è sicuro che inviare più soldati in Afghanistan voglia dire più sicurezza qui da noi».
Comunque sia ora le truppe italiane sono pronte per lo standard del «diverso valore della vita umana»: se uccideranno o distruggeranno l’ambiente - che abbiamo inviato a fare quattro cacciabombardieri Tornado? - saranno immuni e protetti, con licenza di uccidere. L’impunità è assicurata da una legge bipartisan.
Facciamo allora in modo che la bella giornata di sabato 5, quella del No B-day,
sia anche una riconquista della piazza da parte delle bandiere della pace.

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