Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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venerdì 11 dicembre 2009
AL CUORE DELLO STATO Valentino Parlato
(vignetta e articolo tratti da 'Il Manifesto')
Siamo a una crisi istituzionale, dell’equilibrio tra i poteri costituzionali della Repubblica, come non ne ricordo. A questo punto mi viene da scrivere che siamo alla vigilia di un colpo di stato o al 25 luglio di Silvio Berlusconi (per i più giovani ricordo che il 25 luglio il Gran consiglio fascista liquidò Benito Mussolini). L’aggressività smodata del presidente del consiglio è sintomo della sua insicurezza e, quindi, della volontà di fare il colpo di stato, sferrare l'attacco finale. Vorrei ricordare che il 12 ottobre di quest’anno Il Giornale (la proprietà è nota) scriveva: «Se eleggessimo noi l’uomo al Quirinale?» L’annuncio della volontà di fare dell’Italia una repubblica presidenziale, non all’americana, ma piuttosto fascista.
Silvio Berlusconi ha scelto il congresso del Partito popolare europeo, a Bonn, per sferrare un attacco durissimo, e con la volgarità che si accoppia alla violenza, alla magistratura, alla Corte costituzionale e ai presidenti della Repubblica (gli ultimi tre, tutti di sinistra e tutti responsabili dei suoi guai). In sintesi l’attacco centrale è alla Costituzione che va violata, roba di un passato da rigettare. Mai un riferimento negativo al fascismo o, positivo, alla resistenza o anche alle potenze che sconfissero Hitler e Mussolini. Di conseguenza, il suo stato maggiore chiama a una grande manifestazione a Milano dei suoi sostenitori.
A Bonn non mi risulta che abbia avuto applausi, la Merkel si è tenuta al no comment. In Italia ci sono state le reazioni non solo di Di Pietro, ma anche di Fini che ha voluto ricordare a Berlusconi gli articoli 1, 134 e 136 della Costituzione che per Fini è ancora vigente. E, sempre Fini, si augura che «il premier trovi modo di precisare meglio il suo pensiero». Ma un Berlusconi che proclama, anche a Bonn, di «avere le palle» non rettifica. Sarebbe un suicidio. Anche il Quirinale (dove c’è il terzo presidente di sinistra) ha espresso «profondo rammarico e preoccupazione» per «il violento attacco» alla Costituzione. Bene, ma questo non mi sembra tempo di «rammarichi». Eloquente il silenzio (almeno fino a ieri sera) del presidente del Senato.
Ripeto, e temo di non sbagliare, siamo alla liquidazione della Costituzione e di tutti i poteri costituenti, compreso il Parlamento. Occorre produrre, d’urgenza una risposta proporzionata al pericolo. E, francamente Bersani, il segretario del maggiore partito di opposizione, non può limitarsi a dar ragione a Napolitano e dire che i popolari europei, sentendo Berlusconi si sono resi conto dei pericoli del populismo. Lui, Bersani e il suo partito, che fanno? Oggi a Roma c’è una grande manifestazione sindacale, di lavoratori qualificati e importanti: pubblico impiego e istruzione: lo Stato e la cultura. Non possono fermarsi alle legittime e giuste rivendicazioni sindacali. Debbono andare oltre. In queste settimane è in gioco la democrazia, l’eguaglianza (almeno formale) tra i cittadini.
Tutti dobbiamo metterci in movimento: non possiamo attendere tranquilli la grande manifestazione di Milano per l’aspirante duce Silvio Berlusconi.
Siamo a una crisi istituzionale, dell’equilibrio tra i poteri costituzionali della Repubblica, come non ne ricordo. A questo punto mi viene da scrivere che siamo alla vigilia di un colpo di stato o al 25 luglio di Silvio Berlusconi (per i più giovani ricordo che il 25 luglio il Gran consiglio fascista liquidò Benito Mussolini). L’aggressività smodata del presidente del consiglio è sintomo della sua insicurezza e, quindi, della volontà di fare il colpo di stato, sferrare l'attacco finale. Vorrei ricordare che il 12 ottobre di quest’anno Il Giornale (la proprietà è nota) scriveva: «Se eleggessimo noi l’uomo al Quirinale?» L’annuncio della volontà di fare dell’Italia una repubblica presidenziale, non all’americana, ma piuttosto fascista.
Silvio Berlusconi ha scelto il congresso del Partito popolare europeo, a Bonn, per sferrare un attacco durissimo, e con la volgarità che si accoppia alla violenza, alla magistratura, alla Corte costituzionale e ai presidenti della Repubblica (gli ultimi tre, tutti di sinistra e tutti responsabili dei suoi guai). In sintesi l’attacco centrale è alla Costituzione che va violata, roba di un passato da rigettare. Mai un riferimento negativo al fascismo o, positivo, alla resistenza o anche alle potenze che sconfissero Hitler e Mussolini. Di conseguenza, il suo stato maggiore chiama a una grande manifestazione a Milano dei suoi sostenitori.
A Bonn non mi risulta che abbia avuto applausi, la Merkel si è tenuta al no comment. In Italia ci sono state le reazioni non solo di Di Pietro, ma anche di Fini che ha voluto ricordare a Berlusconi gli articoli 1, 134 e 136 della Costituzione che per Fini è ancora vigente. E, sempre Fini, si augura che «il premier trovi modo di precisare meglio il suo pensiero». Ma un Berlusconi che proclama, anche a Bonn, di «avere le palle» non rettifica. Sarebbe un suicidio. Anche il Quirinale (dove c’è il terzo presidente di sinistra) ha espresso «profondo rammarico e preoccupazione» per «il violento attacco» alla Costituzione. Bene, ma questo non mi sembra tempo di «rammarichi». Eloquente il silenzio (almeno fino a ieri sera) del presidente del Senato.
Ripeto, e temo di non sbagliare, siamo alla liquidazione della Costituzione e di tutti i poteri costituenti, compreso il Parlamento. Occorre produrre, d’urgenza una risposta proporzionata al pericolo. E, francamente Bersani, il segretario del maggiore partito di opposizione, non può limitarsi a dar ragione a Napolitano e dire che i popolari europei, sentendo Berlusconi si sono resi conto dei pericoli del populismo. Lui, Bersani e il suo partito, che fanno? Oggi a Roma c’è una grande manifestazione sindacale, di lavoratori qualificati e importanti: pubblico impiego e istruzione: lo Stato e la cultura. Non possono fermarsi alle legittime e giuste rivendicazioni sindacali. Debbono andare oltre. In queste settimane è in gioco la democrazia, l’eguaglianza (almeno formale) tra i cittadini.
Tutti dobbiamo metterci in movimento: non possiamo attendere tranquilli la grande manifestazione di Milano per l’aspirante duce Silvio Berlusconi.
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