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sabato 7 novembre 2009
SUL LETTINO C’É L’OMOSESSUALE MA IL MALATO É L’OMOFOBO di Elisa Battistini
Lo psicologo Lingiardi: “la politica deve dare diritti e tutele”
“Qualsiasi tentativo di cambiare un orientamento omosessuale è destinato al fallimento. La psicoterapia serve a riconoscere la propria omosessualità, non a correggerla”. Parola di Vittorio Lingiardi, medico, psicoanalista, direttore della Scuola di specializzazione in Psicologia Clinica della Sapienza. E coordinatore del convegno internazionale Omosessualità e psicoterapia che si terrà oggi a Roma e che ha richiamato oltre 1500 psicologi italiani e stranieri.
Perchè allora un omosessuale si rivolge a un analista?
“Perchè vive un conflitto a causa dell’interiorizzazione di uno stigma che viene dall’esterno. In generale, l’omosessualità è ancora vista come una devianza, una sfortuna, un’anomalia”.
Chi è il paziente tipo?
“Giovani sotto i 30 anni, nell’età in cui si struttura la personalità. Adolescenti che temono di dare un dispiacere ai genitori. Giovani che risentono di un contesto sociale discriminatorio. Perciò è fondamentale dare diritti e mostrare rispetto”.
Qual è il messaggio della politica italiana?
“Sembra dire: fate quello che volete, ma non vi riconosciamo come persone normali. Il messaggio implicito, simbolico, è che un omosessuale è una persona disordinata, deviante. Una falsità assoluta. L’omosessualità è stata de-pennata da quasi 40 anni dal novero delle malattie. La patologia vera, forse, è l'omofobia”.
Dovremmo curare gli omofobi?
“La fobia è un concetto psicopatologico. Noi abbiamo in terapia gli omosessuali e non gli omofobi, ma facendo un paragone è come se dovessimo far ragionare gli ebrei e non gli antisemiti”.
Di cosa ha paura l'omofobo?
“L'omosessualità lo spaventa perchè rappresenta un disordine rispetto a categorie che ritiene immutabili, come il maschile e il femminile, l'attivo e il passivo. L’omosessualità disorienta l’omofobo. Poi c'è la paura di ciò che non si conosce, dell’ignoto. Infine c'è anche una sorta di inaccettabile invidia per chi vive liberamente la propria sessualità”.
Viviamo in un paese di omofobi?
“Fortunatamente no, ma una posizione culturale molto diffusa è l’omonegatività. Molti di noi lo sono e non lo sanno L'omonegatività è ideologica, pensa: Gli omosessuali non sono sbagliati, ma perchè si dovrebbero sposare, o adottare i bambini, quindi avere gli stessi diritti gli altri? È lo stesso ragionamento di uno che non si sente razzista, ma non riconosce gli stessi diritti agli stranieri”.
Che cosa dovrebbe fare, invece, la politica?
“Dare diritti. Negarli significa discriminare, disconoscere delle categorie. La politica italiana è molto irresponsabile, non si rende conto che il suo atteggiamento è omonegativo quindi genera sofferenza. Si dovrebbe fare una legge che consenta ai gay di sposarsi, se lo vogliono. Permettere ai gay di adottare i bambini, perchè i figli hanno prima di tutto bisogno di affetto, non di modelli maschio/femmina e c’è un’ampia letteratura scientifica che evidenzia questa tesi. Invece non c’è neppure una legge contro l’omofobia. Per fortuna le persone, soprattutto i ragazzi, sono più aperte dei propri rappresentanti”.
Perchè allora ci sono tanti episodi di violenza contro i gay?
“Più le persone esprimono la propria diversità, più la cosa infastidisce. In una situazione in cui il presunto ‘diverso’ sta al proprio posto ci sono meno aggressioni, perchè chi deve sentirsi anomalo si sente tale e non disturba nessuno. Se il presunto diverso vive serenamente il proprio orientamento, la cosa inquieta chi vorrebbe discriminarlo. Che quindi desidera punirlo. È una reazione simile al razzismo. Infatti, nei paesi in cui l'omofobia è un aggravante di reato, è equiparata alle discriminazioni razziali”.
Ma, insomma, che cos’è l’omosessualità?
“Una variante normale della sessualità, un’espressione delle tante sessualità possibili. La realtà è più complessa delle semplificazioni. Non esiste un modello unico della sessualità. Non è mai esistito nella storia umana. Da medico posso assicurare che le sessualità sono plurali”.
Nell’approccio terapeutico, c’è differenza tra gay e lesbiche?
“Le donne sono più disposte ad assecondare la propria natura. Il ruolo del maschio, come dipinto dalla società, stride di più con lo stereotipo del gay. Infatti, i pazienti, sono per lo più maschi”
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Si potrebbe dire, parafrasando una vecchia canzone:
RispondiEliminasiamo tutti un po' dottori,
ma siamo anche un po' malati ...
Raffaele