Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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giovedì 26 novembre 2009
«La mafia sopravvive grazie alla politica» intervista di Sara Menafra a Giancarlo Caselli
Procuratore Caselli, il governo ha fatto sapere che non cambierà le leggi sul concorso esterno in associazione mafiosa, smentendo una voce circolata in queste ore. Lei che quando era capo della procura di Palermo è stato protagonista di molte indagini sul rapporto tra mafia e politica, si sarà fatto un’idea.
Prendo atto con soddisfazione delle precisazioni di palazzo Chigi. In un primo momento, avevo temuto che ci fosse uno sviluppo di quanto il presidente Berlusconi aveva dichiarato l’11 settembre 2003, in una intervista al periodico inglese Spectator e alla Gazzetta di Rimini.
Ci ricordi di cosa si tratta.
Glielo leggo: «A Palermo, la nostra magistratura comunista, di sinistra, ha creato un reato, un tipo di delitto che non è nel codice; è il concorso esterno in associazione mafiosa...»
Il ministro degli interni Maroni ha annunciato invece che sulle norme antimafia, il governo si adopererà per produrre un testo unico che si occupi anche di riformare le procedure relative al sequestro dei beni.
Bisogna vedere cosa ci sarà nel progetto di Maroni. La richiesta di un testo unico è da anni sostenuta dai principali esponenti dell’Antimafia. La necessita di sfrondare, aggiornare, aggiungere anche in base all’esperienza è reale. Anche l’intervento sulle procedure di confisca è una richiesta storica. Il problema è valutare il merito. E’ un po’ come per il processo breve: chi è contrario ad abbreviare la durata dei processi? Nessuno. Tutto sta a vedere come.
Però è vero che il reato in se di "concorso esterno in associazione mafiosa" non esiste e ci si basa sulla giurisprudenza della Cassazione.
Per impostare correttamente il problema del cosiddetto concorso esterno non si può non partire dalla constatazione che a questa figura fece ampio ricorso il pool di giudici istruttori nel tribunale di Palermo, diretto prima da Chinnici, poi da Caponnetto, e formato, tra gli altri, da Falcone, Borsellino e Di Lello. In particolare nell’ordinanza sentenza del 17 luglio 1987, conclusiva del «Maxi-ter», sta testualmente scritto un concetto importante. Leggo anche questo, è a pagina 429: «Manifestazioni di connivenza e di collusione da parte di persone inserite nelle pubbliche istituzioni possono – eventualmente – realizzare condotte di fiancheggiamento del potere mafioso, tanto più pericolose quanto più subdole e striscianti, sussumibili – a titolo concorsuale – nel delitto di associazione mafiosa. Ed è proprio questa "convergenza di interessi" col potere mafioso... che costituisce una delle cause maggiormente rilevanti della crescita di Cosa nostra e nella sua natura di contropotere, nonché, correlativamente, della difficoltà incontrate nel reprimerne le manifestazioni criminali».
In sintesi?
Concorso esterno è un’espressione ormai correntemente adoperata ma dal punto di vista tecnico bisognerebbe parlare semplicemente di concorso. Si dice concorso esterno perché qui si tratta di un reato associativo, quindi c’è l’associato e c’è l’esterno all’associazione che concorre.
E non è una definizione labile?
Questo del concorso in associazione criminale o associazione a delinquere è un istituto che risale addirittura al 1875. La magistratura palermitana lo usò in sentenze sul brigantaggio. Poi è stato ripetutamente impiegato in processi per fatti di terrorismo. Infine, ci sono ripetute sentenze della Cassazione che affermano la legittimità della contestazione in relazione alla mafia, fissando dei paletti recisi. La spina dorsale del poteremafioso sta proprio in queste relazioni esterne, cioè nelle complicità e coperture.
Legami con la politica?
Relazioni esterne significa intreccio di interessi e favori con pezzi della politica, della finanza, della cultura, delle istituzioni. Questi legàmi sono, lo ripeto, la spina dorsale del poteremafioso. Altrimenti non staremmo qui a parlare di mafia. Non c’è banda che sia soltanto di gangster che duri più di 30 o 40 anni. Cosa nostra ha due secoli. E’quello che in altro modo dicono i giudici del pool nella sentenza che abbiamo citato. E queste relazioni esterne, quando ricorrono i presupposti in fatto e in diritto, sono il centro della contestazione di "concorso in" associazione mafiosa che allora viene definito "concorso esterno".
Le tante assoluzioni pesano sul dibattito in corso.
Ci sono state anche importanti sentenze di condanna o di prescrizione. E le sentenze di assoluzione sul concorso esterno, riconoscono tutte la sussistenza dei fatti su cui si era basata l’accusa. Solo che per il giudicante, non sempre questi fatti sono sufficienti per affermare una responsabilità penale. Ma i fatti ci sono. E’ l’eterno dilemma: frequentare un mafioso è reato o non è reato? Per qualcuno lo è, per qualcun altro non lo è. Sono problemi processuali da risolvere caso per caso. Ma per favore, si parta dalla considerazione che il metodo che i pubblici ministeri adottano è sempre lo stesso. O i pm sono bravi quando si tratta di boss e diventano improvvisamente cretini quando si tratta di imputati eccellenti, oppure il problema sta altrove: prove oggettivamente più difficili o valutate con diversi criteri. Comunque le sentenze vanno lette una ad una. Soltanto nei paesi dittatoriali l’accusa deve avere sempre ragione.
Poi ci sono le prescrizioni, come quella della sentenza Andreotti.
La Corte di appello di Palermo, confermata in Cassazione, scrisse che fino al 1980 l’imputato aveva commesso il reato di associazione a delinquere con Cosa nostra. Molti sostengono che la prescrizione è rinunziabile. Qui il tema della rinuncia non si è mai posto.
Il pentito Spatuzza deporrà proprio nella sua sede, a Torino. Andrà ad assistere all’udienza?
No perché non mi occupo più di queste cose, faccio il procuratore a Torino, non a Palermo.
Fonte articolo
Prendo atto con soddisfazione delle precisazioni di palazzo Chigi. In un primo momento, avevo temuto che ci fosse uno sviluppo di quanto il presidente Berlusconi aveva dichiarato l’11 settembre 2003, in una intervista al periodico inglese Spectator e alla Gazzetta di Rimini.
Ci ricordi di cosa si tratta.
Glielo leggo: «A Palermo, la nostra magistratura comunista, di sinistra, ha creato un reato, un tipo di delitto che non è nel codice; è il concorso esterno in associazione mafiosa...»
Il ministro degli interni Maroni ha annunciato invece che sulle norme antimafia, il governo si adopererà per produrre un testo unico che si occupi anche di riformare le procedure relative al sequestro dei beni.
Bisogna vedere cosa ci sarà nel progetto di Maroni. La richiesta di un testo unico è da anni sostenuta dai principali esponenti dell’Antimafia. La necessita di sfrondare, aggiornare, aggiungere anche in base all’esperienza è reale. Anche l’intervento sulle procedure di confisca è una richiesta storica. Il problema è valutare il merito. E’ un po’ come per il processo breve: chi è contrario ad abbreviare la durata dei processi? Nessuno. Tutto sta a vedere come.
Però è vero che il reato in se di "concorso esterno in associazione mafiosa" non esiste e ci si basa sulla giurisprudenza della Cassazione.
Per impostare correttamente il problema del cosiddetto concorso esterno non si può non partire dalla constatazione che a questa figura fece ampio ricorso il pool di giudici istruttori nel tribunale di Palermo, diretto prima da Chinnici, poi da Caponnetto, e formato, tra gli altri, da Falcone, Borsellino e Di Lello. In particolare nell’ordinanza sentenza del 17 luglio 1987, conclusiva del «Maxi-ter», sta testualmente scritto un concetto importante. Leggo anche questo, è a pagina 429: «Manifestazioni di connivenza e di collusione da parte di persone inserite nelle pubbliche istituzioni possono – eventualmente – realizzare condotte di fiancheggiamento del potere mafioso, tanto più pericolose quanto più subdole e striscianti, sussumibili – a titolo concorsuale – nel delitto di associazione mafiosa. Ed è proprio questa "convergenza di interessi" col potere mafioso... che costituisce una delle cause maggiormente rilevanti della crescita di Cosa nostra e nella sua natura di contropotere, nonché, correlativamente, della difficoltà incontrate nel reprimerne le manifestazioni criminali».
In sintesi?
Concorso esterno è un’espressione ormai correntemente adoperata ma dal punto di vista tecnico bisognerebbe parlare semplicemente di concorso. Si dice concorso esterno perché qui si tratta di un reato associativo, quindi c’è l’associato e c’è l’esterno all’associazione che concorre.
E non è una definizione labile?
Questo del concorso in associazione criminale o associazione a delinquere è un istituto che risale addirittura al 1875. La magistratura palermitana lo usò in sentenze sul brigantaggio. Poi è stato ripetutamente impiegato in processi per fatti di terrorismo. Infine, ci sono ripetute sentenze della Cassazione che affermano la legittimità della contestazione in relazione alla mafia, fissando dei paletti recisi. La spina dorsale del poteremafioso sta proprio in queste relazioni esterne, cioè nelle complicità e coperture.
Legami con la politica?
Relazioni esterne significa intreccio di interessi e favori con pezzi della politica, della finanza, della cultura, delle istituzioni. Questi legàmi sono, lo ripeto, la spina dorsale del poteremafioso. Altrimenti non staremmo qui a parlare di mafia. Non c’è banda che sia soltanto di gangster che duri più di 30 o 40 anni. Cosa nostra ha due secoli. E’quello che in altro modo dicono i giudici del pool nella sentenza che abbiamo citato. E queste relazioni esterne, quando ricorrono i presupposti in fatto e in diritto, sono il centro della contestazione di "concorso in" associazione mafiosa che allora viene definito "concorso esterno".
Le tante assoluzioni pesano sul dibattito in corso.
Ci sono state anche importanti sentenze di condanna o di prescrizione. E le sentenze di assoluzione sul concorso esterno, riconoscono tutte la sussistenza dei fatti su cui si era basata l’accusa. Solo che per il giudicante, non sempre questi fatti sono sufficienti per affermare una responsabilità penale. Ma i fatti ci sono. E’ l’eterno dilemma: frequentare un mafioso è reato o non è reato? Per qualcuno lo è, per qualcun altro non lo è. Sono problemi processuali da risolvere caso per caso. Ma per favore, si parta dalla considerazione che il metodo che i pubblici ministeri adottano è sempre lo stesso. O i pm sono bravi quando si tratta di boss e diventano improvvisamente cretini quando si tratta di imputati eccellenti, oppure il problema sta altrove: prove oggettivamente più difficili o valutate con diversi criteri. Comunque le sentenze vanno lette una ad una. Soltanto nei paesi dittatoriali l’accusa deve avere sempre ragione.
Poi ci sono le prescrizioni, come quella della sentenza Andreotti.
La Corte di appello di Palermo, confermata in Cassazione, scrisse che fino al 1980 l’imputato aveva commesso il reato di associazione a delinquere con Cosa nostra. Molti sostengono che la prescrizione è rinunziabile. Qui il tema della rinuncia non si è mai posto.
Il pentito Spatuzza deporrà proprio nella sua sede, a Torino. Andrà ad assistere all’udienza?
No perché non mi occupo più di queste cose, faccio il procuratore a Torino, non a Palermo.
Fonte articolo
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