Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
La tua opinione é importante, esprimila, lascia un commento ai post.
Prego gentilmente tutti quelli che postano la loro opinione scegliendo l'opzione 'Anonimo' di blogger di firmare il proprio commento. grazie. ros
martedì 17 novembre 2009
FAME E BRIOCHES di Maurizio Chierici
(vignetta tratta da 'il Fatto Quotidiano)
La concretezza delle assemblee Fao, G8, G20, ammazziamo il clima a Copenaghen, l’agricoltura la sistemiamo a Seattle e ci troviamo a Nairobi per capire se l’Africa resta com’è, sono teatrini della forma che escludono la sostanza. Presidenti e ministri di cento paesi chiacchierano a Roma per decidere ciò che è già stato deciso da esperti accapigliati da mesi nel limare documenti di compromesso per salvare le foreste ma non danneggiare gli affari; “riconoscere il prezzo dovuto alle materie prime” senza toccare le tasche dei satrapi che fino a ieri potevano e adesso non possono. La crisi fa piangere anche le capitali delle diete. Se qualcosa cambia dopo appelli strappalacrime e bei discorsi romani, il passo sarà da lumaca: 2020, troppo presto. 2050, più ragionevole. Intanto ogni 6 secondi un bambino muore di fame e dall’ultimo Vertice “costruttivo” della Fao, cento milioni e 200 mila pance vuote in più. Devono avere pazienza: appena il mercato tira il fiato qualcosa arriverà nei loro piatti. Eppure basta controllare cerimonie, cene d’ambasciata, alberghi affollati, prime colazioni e lo shopping di delegazioni mai così numerose; basta fare quattro conti per capire che con i milioni dilapidati nella messa cantata Fao è possibile salvare una generazione di bambini rubati dalla malaria. Una zanzariera e le aspirine costano meno di 3 dollari. Dove trovarli? Lamento dei governi che fabbricano e comprano armi. A dire il vero hanno snobbato forse per vergogna l’appuntamento romano lasciando a mogli e consiglieri la declamazione dei discorsi precotti. Vorrei sapere, per esempio, quanti rappresentanti del Ghana sono sbarcati in Italia. Il liberismo ne ha stravolto l’agricoltura. Niente grano e patate dolci ma soia e canna da zucchero per etanolo: le automobili lo pretendono. La popolazione del Ghana non cresce e di figli ne fanno tanti, ma i figli se ne vanno subito: denutrizione e ancora malaria. Metà finisce in ospedali che sembrano lazzaretti. Chi arriva a 5 anni è a prova di pallottola. Diouf, presidente della Fao (15 mila dollari al mese), e Ban-Ki moon, segretario Onu, da qualche giorno digiunano per protestare contro la disattenzione. Alla vigilia del volo per Roma si sono improvvisamente accorti che i grandi paesi hanno tagliato la cooperazione. Le promesse sono rimaste parole. Anche il sindaco Alemanno accende il Campidoglio e non mangia più. Non è male condividere (per un attimo) la fame degli altri sapendo che nel frigo c’è ogni ben di Dio. L’Italia di Berlusconi ha ridotto a niente la così detta cooperazione: milioni dirottati alle truppe in Afghanistan. E si parla di riformare le Nazioni Unite. A partire dai costi dell’organizzazione, speriamo. Le spese interne di Fao, Unicef e Acnur (che assiste milioni di profughi), come ogni altra struttura del Palazzo di Vetro, assorbono il 70 per cento delle disponibilità e delle offerte raccolte nelle campagne “aiutiamo i bambini affamati”. La rete Internet ci avvolge e le teleconferenze sono entrate nelle abitudini di manager e diplomazia, perché non approfittarne per risparmiare i milioni bruciati nei teatrini inutili come quello di Roma? La diseguaglianza si sta trasformando in una forma occulta di terrorismo, dall’alto al basso e i diseredati arrivano e reagiscono. Chissà perché così impazienti.
Fonte articolo
La concretezza delle assemblee Fao, G8, G20, ammazziamo il clima a Copenaghen, l’agricoltura la sistemiamo a Seattle e ci troviamo a Nairobi per capire se l’Africa resta com’è, sono teatrini della forma che escludono la sostanza. Presidenti e ministri di cento paesi chiacchierano a Roma per decidere ciò che è già stato deciso da esperti accapigliati da mesi nel limare documenti di compromesso per salvare le foreste ma non danneggiare gli affari; “riconoscere il prezzo dovuto alle materie prime” senza toccare le tasche dei satrapi che fino a ieri potevano e adesso non possono. La crisi fa piangere anche le capitali delle diete. Se qualcosa cambia dopo appelli strappalacrime e bei discorsi romani, il passo sarà da lumaca: 2020, troppo presto. 2050, più ragionevole. Intanto ogni 6 secondi un bambino muore di fame e dall’ultimo Vertice “costruttivo” della Fao, cento milioni e 200 mila pance vuote in più. Devono avere pazienza: appena il mercato tira il fiato qualcosa arriverà nei loro piatti. Eppure basta controllare cerimonie, cene d’ambasciata, alberghi affollati, prime colazioni e lo shopping di delegazioni mai così numerose; basta fare quattro conti per capire che con i milioni dilapidati nella messa cantata Fao è possibile salvare una generazione di bambini rubati dalla malaria. Una zanzariera e le aspirine costano meno di 3 dollari. Dove trovarli? Lamento dei governi che fabbricano e comprano armi. A dire il vero hanno snobbato forse per vergogna l’appuntamento romano lasciando a mogli e consiglieri la declamazione dei discorsi precotti. Vorrei sapere, per esempio, quanti rappresentanti del Ghana sono sbarcati in Italia. Il liberismo ne ha stravolto l’agricoltura. Niente grano e patate dolci ma soia e canna da zucchero per etanolo: le automobili lo pretendono. La popolazione del Ghana non cresce e di figli ne fanno tanti, ma i figli se ne vanno subito: denutrizione e ancora malaria. Metà finisce in ospedali che sembrano lazzaretti. Chi arriva a 5 anni è a prova di pallottola. Diouf, presidente della Fao (15 mila dollari al mese), e Ban-Ki moon, segretario Onu, da qualche giorno digiunano per protestare contro la disattenzione. Alla vigilia del volo per Roma si sono improvvisamente accorti che i grandi paesi hanno tagliato la cooperazione. Le promesse sono rimaste parole. Anche il sindaco Alemanno accende il Campidoglio e non mangia più. Non è male condividere (per un attimo) la fame degli altri sapendo che nel frigo c’è ogni ben di Dio. L’Italia di Berlusconi ha ridotto a niente la così detta cooperazione: milioni dirottati alle truppe in Afghanistan. E si parla di riformare le Nazioni Unite. A partire dai costi dell’organizzazione, speriamo. Le spese interne di Fao, Unicef e Acnur (che assiste milioni di profughi), come ogni altra struttura del Palazzo di Vetro, assorbono il 70 per cento delle disponibilità e delle offerte raccolte nelle campagne “aiutiamo i bambini affamati”. La rete Internet ci avvolge e le teleconferenze sono entrate nelle abitudini di manager e diplomazia, perché non approfittarne per risparmiare i milioni bruciati nei teatrini inutili come quello di Roma? La diseguaglianza si sta trasformando in una forma occulta di terrorismo, dall’alto al basso e i diseredati arrivano e reagiscono. Chissà perché così impazienti.
Fonte articolo
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento