
Chi conosce bene Giovanardi non si stupisce delle sue affermazioni, che sono proprie del suo stile di finta bonomia e di peloso buonsenso; il nostro rimarrà addirittura sbigottito delle tante reazioni che arrivano giustamente a chiedere le sue dimissioni, perché penserà di aver detto pane al pane e vino al vino. D’altronde il suo approccio scientifico è dimostrato dal rifiuto della distinzione fra droghe leggere e pesanti, che per il sottosegretario non esiste perché “tutto fa brodo” quando si tratta di stordire il proprio cervello con sollecitazioni chimiche psicoattive (citazione testuale tratta dalla presentazione dell’ultima relazione al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze in Italia).
Forse una ragione in questa uscita così rozza esiste. Giovanardi teme che finalmente qualcuno chieda conto di cosa ha prodotto la legge che porta il suo nome: il numero sempre più alto di tossicodipendenti in carcere, ben 30.528 (dal 27% del 2007 al 33% del 2008).
Se a questi si aggiungono altri 26.931 incarcerati per spaccio si capisce bene la criminalizzazione di massa che la legge produce. Ma queste sono inezie per chi ha assunto il ruolo di salvatore dei giovani dal male assoluto, dal vizio e dalla malattia che la droga rappresenta. Non importa se il costo di salvare le anime è lo schiacciamento dei corpi. Purtroppo l’elenco delle vittime diventa sempre più lungo e troppo spesso la persecuzione è dovuta al consumo dell’innocente marijuana. La campagna moralistica e ideologica si è arricchita in questi giorni del test antidroga ai parlamentari. La crisi forse irrimediabile della politica si è mostrata plasticamente nella coda dei rappresentanti del popolo così terrorizzati e ricattati da offrire la propria urina e il proprio pelo sull’altare della demagogia.
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complimenti per l'analisi, senatore. condivido. mandi dalla carnia. michele mizzaro
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