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lunedì 30 novembre 2009
12 milioni di euro rimpatriati grazie al computer di Pessina di Libero D'Agostino
Dodici milioni di euro che erano depositati all’Ubs di Chiasso sono rientrati in Italia. Fondi neri su un conto denominato “Caccia e pesca” che appartengono a Giuseppe Grossi, “il re delle bonifiche ambientali”, arrestato nel corso dell’inchiesta sul risanamento dell’area milanese Montecity-Santa Giulia e al centro anche dell’indagine per una mega evasione fiscale. Indagine avviata con la scoperta nel computer dell’avvocato chiassesse Fabrizio Pessina di oltre 500 nominativi su cui grava il sospetto di aver trasferito illegalmente capitali all’estero per frodare l’erario italiano. Nel portatile dell’avvocato, arrestato nel febbraio scorso all’aeroporto di Malpensa al rientro di una vacanza in Spagna, gli inquirenti hanno trovato centomila files archiviati in 4000 cartelle: nomi di persone, di società, numeri di conti, fatture e documenti contabili.
Una miniera di informazioni per gli specialisti della Guardia di Finanza che di schermata in schermata si sono ritrovati davanti ai dati patrimoniali top secret di industriali, professionisti, commercianti e altri insospettabili ricconi, a cui Pessina faceva da consulente. E Grossi era tra i suoi più importanti clienti. Proprio qualche giorno fa il giudice delle indagini preliminari della Procura milanese ha respinto la sua richiesta di scarcerazione per motivi di salute, sebbene “il re delle bonifiche” stia aprendo i suoi forzieri off shore. Prima dei 12 milioni di euro rientrati da Chiasso si era impegnato, già questa estate, a restituire ratealmente al fisco italiano altri 13 milioni. Sinora con l’inchiesta sul risanamento di Montecity- Santa Giulia, gli inquirenti hanno recuperato ben 55 milioni di euro.
Pessina, che è stato scarcerato nel luglio scorso dopo aver passato cinque mesi nel carcere di San Vittore a Milano, agli occhi degli investigarori è subito apparso come il grande architetto della finanza off shore. Grazie al suo computer la Guardia di Finanza è riuscita a mettere a fuoco i meccanismi più sosfisticati per aggirare il fisco. Una tecnica che, per raffinatezza e complessità, surclassa il tradizionale gioco di scatole cinesi e di triagolazioni finanziarie messo a punto, sempre in Ticino, negli anni passati per schermare i capitali in fuga di casi ormai celebri, come quelli legati ai nomi di Fiorani, Tanzi e Cragnotti. Da quanto è emerso dalle indagini, Pessina si staglia come un personaggio chiave nella schiera di colletti bianchi, avvocati, notai, fiduciari e commercialisti, che fanno da snodo tra i grandi evasori fiscali e il sistema finanziario internazionale. “Senza la mediazione di questi personaggi non esisterebbero né paradisi fiscali né Paesi offshore” ha dichiarato il generale Guseppe Viganolo, del comando generale della Guardia di Finanza, ai microfoni di Speciale Tg1 che al caso Pessina e alla piazza finanziaria ticinese ha dedicato settimana scorsa un lungo servizio. Intanto, le indagini si stanno sviluppando in due direzioni: da una parte l’inchiesta penale che si arricchisce di nuovi filoni lambendo pure i Palazzi della politica, dall’altra l’accertamento fiscale a 360 gradi sui nomi della lista Pessina.
Fonte articolo
Una miniera di informazioni per gli specialisti della Guardia di Finanza che di schermata in schermata si sono ritrovati davanti ai dati patrimoniali top secret di industriali, professionisti, commercianti e altri insospettabili ricconi, a cui Pessina faceva da consulente. E Grossi era tra i suoi più importanti clienti. Proprio qualche giorno fa il giudice delle indagini preliminari della Procura milanese ha respinto la sua richiesta di scarcerazione per motivi di salute, sebbene “il re delle bonifiche” stia aprendo i suoi forzieri off shore. Prima dei 12 milioni di euro rientrati da Chiasso si era impegnato, già questa estate, a restituire ratealmente al fisco italiano altri 13 milioni. Sinora con l’inchiesta sul risanamento di Montecity- Santa Giulia, gli inquirenti hanno recuperato ben 55 milioni di euro.
Pessina, che è stato scarcerato nel luglio scorso dopo aver passato cinque mesi nel carcere di San Vittore a Milano, agli occhi degli investigarori è subito apparso come il grande architetto della finanza off shore. Grazie al suo computer la Guardia di Finanza è riuscita a mettere a fuoco i meccanismi più sosfisticati per aggirare il fisco. Una tecnica che, per raffinatezza e complessità, surclassa il tradizionale gioco di scatole cinesi e di triagolazioni finanziarie messo a punto, sempre in Ticino, negli anni passati per schermare i capitali in fuga di casi ormai celebri, come quelli legati ai nomi di Fiorani, Tanzi e Cragnotti. Da quanto è emerso dalle indagini, Pessina si staglia come un personaggio chiave nella schiera di colletti bianchi, avvocati, notai, fiduciari e commercialisti, che fanno da snodo tra i grandi evasori fiscali e il sistema finanziario internazionale. “Senza la mediazione di questi personaggi non esisterebbero né paradisi fiscali né Paesi offshore” ha dichiarato il generale Guseppe Viganolo, del comando generale della Guardia di Finanza, ai microfoni di Speciale Tg1 che al caso Pessina e alla piazza finanziaria ticinese ha dedicato settimana scorsa un lungo servizio. Intanto, le indagini si stanno sviluppando in due direzioni: da una parte l’inchiesta penale che si arricchisce di nuovi filoni lambendo pure i Palazzi della politica, dall’altra l’accertamento fiscale a 360 gradi sui nomi della lista Pessina.
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