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di 'Per quel che mi riguarda'

giovedì 22 ottobre 2009

La scuola Falcone tra furti, raid e malavita di Alessio Gervasi

La vita impossibile dell’istituto nel quartiere Zen di Palermo


C’è una scuola a Palermo, nel difficile quartiere Zen, che si vorrebbe ergere a vessillo di una città che reagisce alla criminalità. Ma non ci riesce.
Lo Zen, acronimo di “zona espansione nord” dove negli anni sono stati realizzati anche i fatiscenti casermoni dello “Zen 2” - un vero quartiere ghetto nel ghetto - è un posto in cui la maggior parte degli allacci all’Enel è ‘fatta in casa’ e in cui la Polizia ha paura a entrare. Ma è anche un posto davanti al quale hanno finito di costruire residence con ville dalle alte cancellate, che nessuno sguardo lasciano entrare, da cui in due minuti di automobile si arriva al borgo marinaro di Mondello, ‘buen retiro’ della borghesia palermitana e non solo. La scuola (materna, elementare e media) sotto assedio, borderline anche fisicamente, si trova proprio lì. Intrappolata fra due mondi vicini ma lontani, con i professionisti della città ‘bene’ che ogni giorno sfrecciano in macchina per andare e venire dalla città.
La scuola si chiama “Giovanni Falcone”. Ed è sempre stata nel mirino dei malavitosi che vogliono difendere il “loro” territorio dalle ingerenze della società civile e dello Stato. Ma è negli ultimi mesi che la situazione è precipitata, con numerosi atti vandalici e raid notturni che mettono a repentaglio la stessa vita della scuola Falcone. Nonché di tutti i palermitani onesti, a cominciare da una parte della società di domani, ossia quei bambini che oggi frequentano la scuola dello Zen che li dovrebbe preparare al futuro. Tra furti, finestre e vetri spaccati, aule imbrattate e persino incendi appiccati alle aule del plesso materno. L’ultimo raid è avvenuto mercoledì 14 ottobre. Anche se più volte e da molti era già stato chiesto aiuto alle Istituzioni con pattugliamenti e sorveglianza da parte delle forze dell’ordine: nessun segnale di ordine e legalità è stato inviato.
E più di un mese fa - era il 14 settembre scorso - il responsabile nazionale per la sicurezza del Partito Democratico, Marco Minniti, disse durante una visita alla scuola Falcone: “non è assolutamente ammissibile, degno di una democrazia e di un paese civile, il fatto che la scuola Falcone dello Zen di Palermo sia sottoposta a un assedio quotidiano e a ripetuti atti vandalici che rispondono a una precisa azione criminale per impedire l’educazione e la formazione di tanti giovani che rappresentano il futuro di questa terra. Chiederò al ministro dell’Interno un presidio d’interforze su tutto il territorio per fronteggiare una grave situazione sul quale si gioca la credibilità del Governo italiano: la lotta alla criminalità organizzata”. Il primo a prendere sul serio l’ex Sottosegretario non è però stato Maroni, ma Gaetano Guarino, coordinatore del movimento Zen (acronimo questa volta di “zona energie nuove”), un comitato di cittadini che, assieme ai volontari di altre associazioni, spendono generosamente il loro tempo venendo allo Zen da ogni parte della città per sostenere la rinascita del quartiere. “Minniti ci ha assicurato che non rimarranno solo belle parole - ha dichiarato Guarino - ma che si farà portavoce con le Istituzioni per migliorare la vivibilità e la sicurezza nell’intero quartiere”.
E il Ministro Maroni? E la sua collega Mariastella Gelmini? Il primo, secondo fonti vicine al Pd, avrebbe telefonato a Minniti per manifestargli massima volontà e disponibilità a intervenire in difesa della scuola sotto attacco. Mentre nulla è dato sapere su una posizione della Pubblica Istruzione. In ogni caso, solo parole. Come quelle del prefetto di Palermo Giancarlo Trevisone, sempre di un mese fa: “faremo della scuola Falcone un presidio della legalità, perché la scuola costituisce un momento fondamentale e irrinunciabile di progresso e sviluppo civile; questa è la sfida che perseguiamo insieme e a cui non abbiamo intenzione di rinunciare”. Già. Ma alla scuola Falcone dello Zen servono fatti. Se no, come spesso accade, ci sarà poca speranza per i bambini di domani.

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