Libertà di pensiero è la "capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro" (Immanuel Kant)
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venerdì 17 luglio 2009
Se imigranti siamo noi di Alessandro Braga
Sud «cenerentola» di tutta Europa. Dal 1997 al 2008 700mila persone sono «scappate»
dal Mezzogiorno per cercare lavoro nel nord Italia.
Non attraversano il Mediterraneo a bordo delle cosiddette «carrette del mare», barconi stracolmi di esseri umani disperati. Al massimo percorrono tutta l’Italia da sud a nord su un treno espresso, con tempimedi di percorrenza, dalla partenza all’arrivo, di circa 22 ore, o se non ne trovano, visto che ormai le Ferrovie dello Stato prediligono i velocissimi Eurostar, si adagiano su comode poltrone targate Trenitalia. Non parlano idiomi sconosciuti, dialetti di posti lontani, ma un perfetto italiano, «macchiato» solo da una leggera cadenza meridionale. A differenza dei loro padri e dei loro nonni, arrivati nelle ricche regioni del nord negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso con la valigia in mano tenuta chiusa dallo spago, in gran parte non cercano posti di lavoro alla Fiat o in un’altra delle grandi fabbriche di Piemonte e Lombardia, e neppure in quelle medie e piccole del facoltoso Nordest. Puntano a occuparsi nella pubblica amministrazione o come classe docente nelle scuole di ogni ordine e grado. Sono quasi tutti diplomati o laureati. Anche dopo l’approvazione dell’ultima legge razzista del governo voluta dalla Lega non sono diventati clandestini, e non necessitano di permessi di soggiorno o sanatorie. Ma sono, in tutto e per tutto, migranti.
700mila negli ultimi 11 anni
La fotografia di un’Italia «spaccata in due» l’ha scattata l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, che ieri ha pubblicato il rapporto 2009 sull’economia delle regioni meridionali. A fronte di un centronord che continua ad attirare e smistare flussi all’interno del suo territorio c’è un sud che non riesce a trattenere i suoi giovani e manodopera varia, senza neppure riuscire a rimpiazzarla con pensionati, stranieri o persone comunque in arrivo da altre regioni. Una vera e propria emorragia: negli ultimi undici anni, tra il 1997 e il 2008, ben 700mila persone hanno abbandonato ilMezzogiorno; solo nello scorso anno sono state 122mila contro la metà circa, 60mila, che hanno invece deciso di fare il percorso inverso. A farla da padroni in questa «classifica» emigratoria,tre regioni, che da sole raggiungono l’87% del totale: Puglia (12200 partiti), Sicilia (11600) e Campania (25mila).
Pendolari a lungo raggio
A questo già elevatissimo numero si devono poi aggiungere i cosiddetti «pendolari a lungo raggio», persone che continuano a mantenere la residenza al sud, nel paese di origine, ma che hanno un posto di lavoro al centronord o addirittura all’estero. Gente che rientra «a casa» solo nel fine settimana o un paio di volte al mese. Cittadini a termine, li definisce il rapporto. Generalmente maschi, single, decidono di non cambiare la residenza a causa del costo della vita nelle aree urbane
o perché hanno contratti di lavoro a tempo determinato. La causa della loro migrazione l’impossibilità di trovare lavoro, in particolare di livello medio-alto, nelle zone natie.
Gli «scoraggiati» e il Pil in calo
Aumenta anche quella «zona grigia» della disoccupazione che raggruppa «scoraggiati» e «lavoratori potenziali ». Solo nel 2008 sono cresciuti di 95mila unità, dal 2004 allo scorso anno sono 424mila le persone in più che rientrano in questa categoria. Se si sommano anche loro, il tasso di disoccupazione effettivo nel meridione d’Italia sale al 22%, con un tasso di occupazione che di conseguenza scende al 46,1% (meno 34mila). La disoccupazione ha colpito in particolare le nuove leve: tra i giovani meridionali
tra i 15 e i 24 anni solo due su tre trovano lavoro a fronte dei coetanei del centronord dove invece solo il 15% non ci riesce. E sono aumentati anche i disoccupati di lungo periodo. La crisi globale non ha fatto altro che peggiorare la situazione: il settore industriale ha registrato un calo del Pil del 3,8%,mentre le produzioni manifatturiere addirittura di oltre sei punti.
Giovani cervelli in fuga
La mancanza di una prospettiva lavorativa, in particolare di livello medio- alta, porta a una vera e propria fuga dei cervelli verso lidi più benevoli. Nel 2004 tra i ragazzi che si laureavano a pieni voti era il 25% che partiva per cercare fortuna al nord. Cinque anni dopo la percentuale è salita al 38. E molti neodiplomati decidono di partire subito dopo la fine delle scuole superiori, per prendere la laurea in atenei del nord e trovare lì un lavoro, più facilmente e meglio remunerato.
Napolitano: «Bisogna fare di più»
«È necessario colmare il divario che esiste tra il nord e il sud del paese - ha detto il presidente della Repubblica G iorgioNapolitano dopo essere venuto a conoscenza dei risultati del rapporto - Le istituzioni si impegnino per permettere all’Italia di superare gli squilibri territoriali». Al momento, nessuna soluzione pervenuta.
Fonte articolo
dal Mezzogiorno per cercare lavoro nel nord Italia.
Non attraversano il Mediterraneo a bordo delle cosiddette «carrette del mare», barconi stracolmi di esseri umani disperati. Al massimo percorrono tutta l’Italia da sud a nord su un treno espresso, con tempimedi di percorrenza, dalla partenza all’arrivo, di circa 22 ore, o se non ne trovano, visto che ormai le Ferrovie dello Stato prediligono i velocissimi Eurostar, si adagiano su comode poltrone targate Trenitalia. Non parlano idiomi sconosciuti, dialetti di posti lontani, ma un perfetto italiano, «macchiato» solo da una leggera cadenza meridionale. A differenza dei loro padri e dei loro nonni, arrivati nelle ricche regioni del nord negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso con la valigia in mano tenuta chiusa dallo spago, in gran parte non cercano posti di lavoro alla Fiat o in un’altra delle grandi fabbriche di Piemonte e Lombardia, e neppure in quelle medie e piccole del facoltoso Nordest. Puntano a occuparsi nella pubblica amministrazione o come classe docente nelle scuole di ogni ordine e grado. Sono quasi tutti diplomati o laureati. Anche dopo l’approvazione dell’ultima legge razzista del governo voluta dalla Lega non sono diventati clandestini, e non necessitano di permessi di soggiorno o sanatorie. Ma sono, in tutto e per tutto, migranti.
700mila negli ultimi 11 anni
La fotografia di un’Italia «spaccata in due» l’ha scattata l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, che ieri ha pubblicato il rapporto 2009 sull’economia delle regioni meridionali. A fronte di un centronord che continua ad attirare e smistare flussi all’interno del suo territorio c’è un sud che non riesce a trattenere i suoi giovani e manodopera varia, senza neppure riuscire a rimpiazzarla con pensionati, stranieri o persone comunque in arrivo da altre regioni. Una vera e propria emorragia: negli ultimi undici anni, tra il 1997 e il 2008, ben 700mila persone hanno abbandonato ilMezzogiorno; solo nello scorso anno sono state 122mila contro la metà circa, 60mila, che hanno invece deciso di fare il percorso inverso. A farla da padroni in questa «classifica» emigratoria,tre regioni, che da sole raggiungono l’87% del totale: Puglia (12200 partiti), Sicilia (11600) e Campania (25mila).
Pendolari a lungo raggio
A questo già elevatissimo numero si devono poi aggiungere i cosiddetti «pendolari a lungo raggio», persone che continuano a mantenere la residenza al sud, nel paese di origine, ma che hanno un posto di lavoro al centronord o addirittura all’estero. Gente che rientra «a casa» solo nel fine settimana o un paio di volte al mese. Cittadini a termine, li definisce il rapporto. Generalmente maschi, single, decidono di non cambiare la residenza a causa del costo della vita nelle aree urbane
o perché hanno contratti di lavoro a tempo determinato. La causa della loro migrazione l’impossibilità di trovare lavoro, in particolare di livello medio-alto, nelle zone natie.
Gli «scoraggiati» e il Pil in calo
Aumenta anche quella «zona grigia» della disoccupazione che raggruppa «scoraggiati» e «lavoratori potenziali ». Solo nel 2008 sono cresciuti di 95mila unità, dal 2004 allo scorso anno sono 424mila le persone in più che rientrano in questa categoria. Se si sommano anche loro, il tasso di disoccupazione effettivo nel meridione d’Italia sale al 22%, con un tasso di occupazione che di conseguenza scende al 46,1% (meno 34mila). La disoccupazione ha colpito in particolare le nuove leve: tra i giovani meridionali
tra i 15 e i 24 anni solo due su tre trovano lavoro a fronte dei coetanei del centronord dove invece solo il 15% non ci riesce. E sono aumentati anche i disoccupati di lungo periodo. La crisi globale non ha fatto altro che peggiorare la situazione: il settore industriale ha registrato un calo del Pil del 3,8%,mentre le produzioni manifatturiere addirittura di oltre sei punti.
Giovani cervelli in fuga
La mancanza di una prospettiva lavorativa, in particolare di livello medio- alta, porta a una vera e propria fuga dei cervelli verso lidi più benevoli. Nel 2004 tra i ragazzi che si laureavano a pieni voti era il 25% che partiva per cercare fortuna al nord. Cinque anni dopo la percentuale è salita al 38. E molti neodiplomati decidono di partire subito dopo la fine delle scuole superiori, per prendere la laurea in atenei del nord e trovare lì un lavoro, più facilmente e meglio remunerato.
Napolitano: «Bisogna fare di più»
«È necessario colmare il divario che esiste tra il nord e il sud del paese - ha detto il presidente della Repubblica G iorgioNapolitano dopo essere venuto a conoscenza dei risultati del rapporto - Le istituzioni si impegnino per permettere all’Italia di superare gli squilibri territoriali». Al momento, nessuna soluzione pervenuta.
Fonte articolo
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