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di 'Per quel che mi riguarda'

mercoledì 1 aprile 2009

Il valore di una vita anzi di tre

Per favore non chiamateli bulli.


Pestato a freddo ad un semaforo della periferia di Roma. In coma da una settimana commerciante pakistano. Ma non ha fatto notizia.
Stanno lì appollaiati sul muretto, presidiano il loro angolo di strada, un pezzo di marciapiede, un semaforo trasformato nel Totem sacro del loro territorio. Parte da qui l’odio incarognito che muove le piccole bande di giovani italiani spesso minorenni, che a Tor Bella Monaca, immenso quartiere della periferia sud-est della capitale, imperversano contro gli immigrati. Vessazioni e intimidazioni sono un fatto quotidiano. Piccole angherie, minacce, insulti, vetri rotti, macchine danneggiate finché un episodio un po’ più grave, una rapina, un’aggressione o un pestaggio, buca l’indifferenza e finisce nelle cronache locali, a volte nelle pagine nazionali. Stavolta ne anche questo è successo.
Otto giorni fa, lunedì 23 marzo, Mohammad Basharat, un negoziante pakistano di 35 anni è finito in coma dopo una brutale aggressione. Ma la notizia è uscita fuori solo domenica 29, quando i familiari indignati per il completo blackout mantenuto sull’episodio hanno dato la notizia al Messaggero. Lunedì pomeriggio, Mohammad, insieme al cugino Alì, era andato col suo furgone Ducato al supermercato del quartiere per rifornirsi di merce da mettere in vendita nel suo negozio aperto meno di un anno fa.
Sulla strada del ritorno era fermo a un semaforo. Non un semaforo qualunque ma quel semaforo, il Totem sacro. Chi passa da lì, nei pomeriggi che non terminano mai, deve pagare pegno se è un immigrato. Pakistani, Srilankesi e Bengalesi della zona lo sanno benissimo. Soprattutto sanno bene che non bisogna raccogliere provocazioni, mai incrociare gli sguardi, fare finta di non aver sentito gli insulti, non aprire vetri e portiere, anzi mettere la sicura e spingere a tavoletta l’acceleratore appena arriva il verde. Quello è il semaforo della paura.
Nella comunità funziona il passa parola, per questo ora tutti si domandano perché mai Mohammad non si è attenuto alle indicazioni, ma al contrario ha addirittura aperto la portiera. Sembra che quei brutti ceffi, cinque giovani secondo le testimonianze, teste rasate, orecchini, anello al pollice, insomma il solito look da coatto fascistoide, da popolo delle scimmie che agita le curve degli stadi, siano riusciti ad ingannarlo facendogli credere che avesse il portellone posteriore aperto. Mohammad ha abbassato il livello di vigilanza e quelli l’hanno letteralmente estratto dal mezzo e pestato.
I pugni al volto sono stati devastanti; lui è caduto a terra sbattendo la testa. Un automobilista che ha assistito alla scena ha subito chiamato i soccorsi. All’inizio, per timore di ritorsioni, Mohammed non ha voluto sporgere denuncia. La paura era tale che per ben due volte ha rifiutato l’ambulanza ridimensionando l’episodio. Solo dopo esser andato finalmente in ospedale per il ripetuto mal di testa ha ricostruito esattamente la dinamica dell’aggressione. Ma la polizia sapeva già ogni cosa perché i testimoni avevano parlato.
Un ritardo nei soccorsi che ha permesso all’emorragia cerebrale di dilagare. Mohammad, che doveva sposarsi a giorni in moschea, non sa che la sua compagna, incinta di pochi mesi, ha perso il bambino a causa del forte stress causato dalla vicenda. Lei, Chamdy Karunasekera, 38 anni, dello Sri Lanka, in un sol colpo rischia di ritrovarsi sola, senza più figlio e marito. La loro vita non era stata semplice.
Avevano tentato con un phone center a Colli Albani, un’altra zona periferica della città, ma avevano dovuto chiudere a causa delle ripetute rapine notturne. Chamdy racconta anche di un’altra aggressione subita due anni fa dal suo compagno, sempre da parte d’Italiani in un’altra zona di Roma, l’Eur. Sembra di capire che il razzismo non ha quartiere e la xenofobia ormai uniforma i comportamenti.
Periferia e aree residenziali, rampolli della borghesia bene, ceto medio e proletari, hanno condotte identiche e un medesimo humus culturale. Il marketing politico sulla sicurezza, la politica delle ronde, l’inasprimento della legislazione contro l’immigrazione carezzano l’odio che erutta dalla profondità antropologiche degli Italiani. Sull’immigrato, additato come capro espiatorio della crisi, si è costruita l’ultima immagine del nemico interno su cui costruire le nuove emergenze.
Chi aggredisce così spudoratamente, senza nemmeno la presenza di un pretesto ma quasi per gioco, per riempire pomeriggi vuoti, pieni di noia, sente alle proprie spalle il sostegno della politica, sente che ha con se l’air du temps. Una destra di governo che usa la paura contro i migranti, aizza l’intolleranza, legifera la discriminazione.
Una polizia culturalmente connivente con i picchiatori bianchi. Commissariati di zona che mentre chiudono un occhio e restano indifferenti verso le intimidazioni di strada, tartassano di controlli gli immigrati, li fermano in continuazione, impediscono loro di guadagnarsi da vivere, li spingono sempre più verso la marginalizzazione e la clandestinità sociale.
Nonostante le politiche di riqualificazione urbana, che pure sono state avviate, Tor Bella Monaca resta terra di frontiera. L’apertura di un teatro comunale, di una ludoteca, di una biblioteca, la costruzione di giardini, hanno avuto l’effetto di una goccia d’acqua nel mare dell’emarginazione e della frustrazione che avvelena i giovani del quartiere. Ci sono forze più profonde, spiriti animali di un’epoca dove predomina la volontà grave; di sopraffazione verso il debole e l’acquiescenza verso il forte.Fonte articolo


Tre vite rovinate.

Per favore non chiamateli bulli, sono delinquenti della peggior razza, non sono bulli. Sono esterrefatta da questa notizia. Questo bellissimo articolo scritto da un anonimo, ho voluto pubblicarlo tutto, perché evidenzia quello che oggi si stà perpetrando ai danni di essere umani indifesi. Cittadini che come noi vivono nella legalità, pagano le tasse e chiedono solo di poter respirare la nostra aria. Un'aria satura di marcio, maleodorante.
Teppisti, delinquenti, di questo si tratta e dov'è la notizia? Perché coprire questi scarafaggi, perché non sbatterli in prima pagina, perché un trattamento diverso da quei rumeni arrestati e poi rilasciati (senza neanche le scuse), perché innocenti?

5 commenti:

  1. Che commento si può aggiungere!?!nessuno!

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  2. questo è il paese dove fa notizia il rumeno ubriaco(naturalmente deprecabile) che combina danni; la stampa si erge a paladina della legalità: ci vogliono ronde, i rangers, Tex Willer e l'uomo ragno. Detto ciò quando dei nostri connazionali commettono le stesse nefandezze o a anche peggio, le notizie relative vengono relegate alla pag. 26 dei giornali a fianco magari dei necrologi o della pubblicità del divano.

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  3. Vi giuro che io quando ho letto questo articolo, ho pianto.
    Aldiluna hai ragione e anche tu Mercer i commenti sembrano superflui, si rimane attoniti, e invece bisogna parlarne il più possibile di questi insani di mente fagocitati magari anche da genitori con il cervello occluso.

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  4. Per rivolta e vergogna farei un passo eclatatante, chiederei la cittadinamza pakistana e rinuncerei a quella italiana.

    Noi siamo i pionieri dell'emigrazione, abbiamo sovraffollato navi dirette in America, abbiamo avuto ospitalità, abbiamo anche esportato Cosa Nostra.

    Questa destra è di una ignoranza colossale, ogni discriminazione tra gli esseri umani, che nascono e muoiono in pari dignità, è frutto di di dsonestà intellettuale e inciviltà.

    Franco Rubino.

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  5. Condivido tutto quello che hai scritto Franco, grazie per essere passato.

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